L'esperienza di cambiamento di Francesco Bianchi, che ha seguito e realizzato i propri sogni, aspirazioni e talenti e oggi ci riporta la sua testimonianza di consapevolezza, vita piena e grandi soddisfazioni.
Abbiamo intervistato Francesco Bianchi, scollocato da tempo e persona dai grandi valori, saggezza e semplicità. Le sue scelte dimostrano ancora una volta che cambiare è possibile, basta guardarsi in profondità, essere aperti mentalmente e non avere paura di mettere in discussione le cosiddette sicurezze che la società ci dice dobbiamo assolutamente avere ma che poi non lo sono affatto.
Per avere una vera sicurezza o reale stabilità è necessario ascoltare quello che si sente e che si pensa, a prescindere dai condizionamenti e dalle paure.
Francesco è uno dei tanti esempi che ci dimostrano che è possibile vivere una vita piena e in linea con le proprie aspirazioni, sogni e valori. Riportiamo questa preziosa testimonianza anche come augurio e motivazione per chiunque nel 2021 voglia intraprendere un percorso di scollocamento
Francesco, ti puoi presentare brevemente?
«Mi chiamo Francesco Bianchi ho 60 anni e dal 2000 vivo in una casa di campagna in Garfagnana, nella Toscana del nord, dove autoproduco la poca energia elettrica che mi serve con un piccolo impianto fotovoltaico, ho l’acqua potabile e di irrigazione da tre sorgenti, mi riscaldo e cucino con la legna del mio bosco. Non sono allacciato a nessuna utenza e quindi non pago bollette. Non ho un lavoro fisso ma faccio un po’ di tutto e coltivo la terra che soddisfa la maggior parte del mio fabbisogno alimentare; do anche lezioni di yoga, faccio massaggi e piccoli lavori agricoli per altri. Sono perito agrario e gestalt counselor».
In quale momento della vita hai capito che volevi cambiare la tua esistenza e uscire dai binari dell’omologazione?
«Il mio cambiamento di vita è avvenuto interiormente verso i 33 anni durante l’esperienza di cooperazione in America Latina, e poi nella pratica a 39 anni in cui ho “licenziato” la città e ho abbracciato la vita di campagna».
Quali sono state le esperienze che ti hanno insegnato di più in questo tuo cammino di consapevolezza?
«La prima esperienza è stata il condominio dove ho vissuto a Firenze! Lì ho potuto provare cosa significa complicarmi la vita con una sbagliata soluzione abitativa e in più percepire la routine di città come assurda e frutto dell’allontanamento della mente umana dalla semplicità. L’altra esperienza che mi ha aiutato sono stati i 4 anni di cooperazione in America Latina dove ho lavorato in un progetto di sviluppo rurale. Lì ho realizzato quali siano le cose di cui ho veramente bisogno e quali siano quelle superflue di cui liberarmi prima dentro e poi intorno a me».
Vivi con poco, in maniera accorta ed essenziale, ma pensi sia una strada percorribile da molti? Anche da chi ha una famiglia?
«Chiunque ragioni consapevolmente può liberarsi dal rumoroso bisogno di cose inutili e procurarsi solo quelle prettamente essenziali per la vita del corpo fisico. Anche una famiglia unita può cercare il distacco e la pace che permettono di spendere solo per l’indispensabile senza essere attratta e sequestrata dal luccichio del superfluo; non mancano i numerosi esempi di famiglie che hanno avuto il coraggio di pensare differentemente la loro vita. In ogni caso la liberazione avviene quando si inizia a ragionare autonomamente disobbedendo e distanziandoci dall’opera di manipolazione mentale perpetrata da chi gestisce un potere distorto dell’informazione di massa che tra l’altro lavora per crearci bisogni che non abbiamo».
Ti sei mai sentito giudicato negativamente o non accettato per la tua frugalità volontaria in un mondo dove più si ha e più si è considerati?
«All’inizio, sbagliando, mi guardavo spesso con gli occhi degli altri e provavo la sensazione di essere diverso, asociale e fuori di testa e qualcuno anche fra i parenti mi ha dato giudizi in tal senso, ma l’impulso interiore che mi ha portato su questa strada mi è sempre sembrato la parte più vera e profonda di me, irresistibile, irrinunciabile e che mi avrebbe inseguito finché non l’avessi scelta».
Sei stato in paesi del sud del mondo in progetti di aiuto alle popolazioni locali; cosa pensi che potremmo fare qui da noi nel concreto per migliorare la situazione di chi paga pesantemente le conseguenze del nostro opulento stile di vita?
«Ogni volta che acquistiamo qualcosa, esprimiamo un voto che permette a ciò che compriamo di rimanere sul mercato. Abbiamo l’enorme potere e responsabilità di decidere se prodotti inutili o dannosi per l’ambiente e la salute o fatti sfruttando moderne forme di schiavitù, continuino ad essere prodotti e venduti ed infine aumentino anche la quantità di spazzatura che affoga il pianeta. Possiamo intervenire qui evitando tali prodotti e comportamenti come: risparmi consegnati a “banche assassine”, cibi con olio di palma, abbigliamento e manufatti che sfruttano schiavi di ogni luogo, consumare carne, la cui produzione aumenta l’effetto serra, il consumo di suolo e la distruzione delle foreste ecc. Se abbiamo il coraggio di informarci e migliorarci possiamo sapere come agire per il bene del pianeta e dell’umanità».
Ti occupi anche di agricoltura, quanto conta per te il rapporto con la natura e la terra? E che tipo di agricoltura pratichi?
«Il mio rapporto con la natura è prioritario e ha determinato la scelta dell’ambiente dove vivere e nel quale sentirmi accolto per come sono. Vivo in armonia con la natura, in reciproco dare avere e grazie ad essa mi procuro il necessario adoperando ciò che mi offre, così spendo la metà o niente rispetto a quello che spenderei in un ambiente artificiale e cittadino. Pratico un’agricoltura biologica, in parte permanente e sinergica e in parte con lavorazione del terreno per alcune colture come mais, patate, fagioli. Soprattutto “ascolto” ciò che mi può offrire la terra senza forzarla a darmi ciò che non le viene spontaneo. Sono vegetariano, mi risparmio quindi la fatica dell’allevamento ad eccezione di un tipo di apicoltura completamente naturale priva di qualsiasi intervento umano».
L’aspetto spirituale ha importanza nel tuo cammino di cambiamento?
«Sì, a tal proposito è stato importante incontrare la lettura di testi induisti e cristiani, il pensiero di maestri come Yogananada, Ramana Maharshi e Gesù Cristo. È stato per me motivo di gioia scoprire che il concetto di povertà o di distacco dalle cose non coincide con una sofferta privazione di ciò che è necessario o desiderabile, ma con un invito alla serena liberazione dal superfluo, a semplificarmi la vita, essere consapevole che “io sono” anche se non ho e che io non sono ciò che desidero. Tutte le mie scelte di vita pratica sono state la conseguenza di questa elaborazione interiore».
Hai mai pensato di tornare indietro e fare un lavoro con un’entrata sicura tutti i mesi, magari in un ufficio statale che sarebbe tornato utile in un momento di crisi come quello attuale?
«No. Preferisco dedicare la maggior parte del tempo ai rapporti col prossimo e allo studio. Con lo stile di vita che conduco, il bisogno di denaro è ridottissimo, per cui mi concedo la gioia e la leggerezza di lavorare meno, facendo quello che mi piace con bellissime persone che condividono insieme a me la ricerca interiore, l’agricoltura bio, l’ecologia, le energie rinnovabili, i sistemi di medicina olistica e tutte le conoscenze che possono liberare l’umanità dall’ignoranza e dalla sofferenza. Il momento di crisi attuale per me è poco impattante, ho impostato la mia sussistenza impegnandomi a produrre da solo ciò che mi occorre prima di andarlo a comprare. Così posso evitare le “dogane del sistema”».
Cosa significa per te il termine sicurezza?
«Probabilmente è l’illusione di poter mettere a tacere qualsiasi paura, per cui potremmo sentirci tentati di arraffare ricchezze, costruirci “castelli di carta” e certezze effimere. Meditare sulla transitorietà dell’esistenza, mi aiuta a vivere: mi restituisce la ricchezza dell’attimo presente, l’unico che ho. Dà importanza alle cose vere e la toglie a quelle che non ne hanno. Quando realizzo tutto questo, sento quella pace che posso dire essere la mia unica sicurezza, scevra da ogni condizione esterna per sentire che “io sono”».
Nella tua esistenza cosa ti dà più soddisfazione?
«Farmi delle gran risate quando svelo tutto il ridicolo, l’assurdo e la pazzia dei ragionamenti di un mondo che mi dice cosa dovrei fare per sentirmi realizzato! Inoltre vedere con quante persone sento risonanza di pensiero, conoscenza e risveglio a dispetto di un’informazione di massa che rema contro i veri valori».
Con la distruzione dell’ambiente e i conseguenti cambiamenti climatici, la situazione globale è forse la più grave e difficile che l’umanità abbia mai affrontato; secondo te abbiamo qualche speranza di uscirne e come?
«L’umanità sembra avere fretta di autodistruggersi, ma noto che sempre più coscienze individuali si stanno risvegliando e traendo stimolo proprio dai terribili pericoli che stiamo correndo, per trasformare il modo di pensare e vivere ed essere loro “il cambiamento”. Chiunque senta questo richiamo nella sua coscienza fa bene a resistere alla disperazione, a continuare a cercare ambienti e persone che sono in risonanza con lui e a ridere di chi lo considera un pazzo».
Che suggerimenti daresti per chi si vuole scollocare, cambiare vita ma ha paura di fare il salto?
«Consiglio di amare e rispettare ciò che sente e cercarlo come farebbe con una persona di cui è innamorato, di condividere i suoi sentimenti e idee con coloro da cui si sente capito e di iniziare per gradi il suo trapianto di vita».
Quali progetti hai per il futuro?
«Poiché il sistema è impazzito, sbriciolato e sempre meno credibile, desidero ancor di più seguire le mie idee e il mio stile di vita. E ora sento la spinta a condividerli con le persone che già li vivono nelle varie realtà qui in Italia. Sono gioiosamente sorpreso nel constatare che siamo in molti e sempre di più».
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E se vuoi fare un primo passo concreto verso il cambiamento, hai l'opportunità di iscriverti al workshop “Cambiare vita e lavoro: istruzioni per l'uso" che si terrà in Umbria il 27 e 28 febbraio.
Fonte: il Cambiamento